La lettera ricevuta

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Copio e incollo una lettera ricevuta. Roma 7 giugno 2010.
Dodici ore dopo, ancora non ci credo. Ancora mi girano le palle. Ancora quel senso di incazzatura, frustrazione, rabbia. Saranno i 3 mesi di corso sulla non violenza, la comunicazione orizzontale e tutte le belle parole che poi ti chiedi a cosa sono servite.
Alla manifestazione ieri eravamo veramente . Poche bandiere, qualche slogan, mamme velate con bambini nel passeggino, qualcuno vende fischietti, qualcun altro una kefiah, più una rimpatriata di amici che altro. Una bella atmosfera. Dopo un’oretta di chiacchiere, il corteo si muove, direzione piazza del Popolo. Da piazza della Repubblica risaliamo via Orlando, poi scendiamo a piazza Barberini, due chiacchiere, una birra. A Trinità dei Monti ormai ci siamo tutti sciolti. Dietro di noi, un’armata di carabinieri in assetto antisommossa “e che deve succedere??”. Ci fanno quasi pure ridere.
Dai, sono le sette e mezzo, io e Sergio decidiamo di rincamminarci verso la stazione. Prendiamo la metro? No dai, è bello, facciamo due passi per Roma.
Risaliamo via di Quattro Fontane, poi svoltiamo per tornare a piazza S. Susanna. Sempre in chiacchiera. Nessun distintivo, nessuna bandiera. Siamo due passanti come tanti altri, l’idea nemmeno mi sfiora il cervello.
All’incrocio con la piazza, quattro pischelli in motorino, scarabeo, polo col colletto rialzato, casco a “scodella”, ci chiedono, senza nemmeno troppo fingere di fare gli attori, se “le strade erano libere, la manifestazione è passata, è finita, ma voi venite da lì”. Non ci torna, ma lì per lì non ci pensiamo. Certo, salta agli occhi che mai avrebbero pensato di unirsi alla manifestazione. Io, ingenuamente, penso che forse “volevano solo evitarci”, a noi zecche comuniste che manifestiamo per quel popolo ancora più zecca e comunista dei palestinesi.
Proseguiamo, arriviamo in piazza S. Susanna, svoltiamo a destra per via Orlando.
Succede in un attimo.
Il ragazzetto dal colletto rialzato si avvicina da dietro, finge una telefonata al cellulare. Sergio lo vede con la coda dell’occhio, io sento solo un botto, il botto del casco sulla testa di Sergio. Agguanta Sergio da dietro e inizia a colpirlo violentemente con il casco. Lo stringe, lo butta a terra sul marciapiede e continua a picchiarlo con il casco, gli tira dei calci in petto. È un pestaggio in piena regola.
Io inizio ad urlare. Non mi viene in mente di strapparlo, di tirargli un calcio, nonostante tiri calci per sei ore alla settimana, ma urlo come una pazza, lo inseguo in quei tre metri tra marciapiede, macchine parcheggiate e strada. Accanto, in strada, gli altri tre lo aspettano in motorino. Lui, finita la sua bravata, urla un “Forza Israele” che suona più fuori luogo che mai, monta in sella e scappano. Dieci secondi di terrore. Di rabbia, di un’aggressione più inutile e gratuita che mai.
Rimaniamo lì, nella folla dei passanti, increduli, mentre spiego al 113 che sì siamo stati aggrediti, no non ci siamo fatti male, sì ho preso la targa “però non so se è giusta”, “è giusta o no?!” mi fa il poliziotto al telefono, ma che ne sooooo gli vorrei urlare, dov’eravate voi, quando fino a 5 minuti fa eravamo ricoperti di carabinieri e nemmeno una scorta al corteo che si scioglie. Aspettiamo inutilmente una fantomatica volante che “è in arrivo”. Dopo un’ora decidiamo di andarcene, ormai non c’è più nessuno.
Una bravata del cazzo, un’azione finto-dimostrativa di pischelli che non sanno nemmeno di cosa parlano, ma che non hanno niente di meglio da fare durante il giorno probabilmente. Non i fasci di Casa Pound, non gli scontri in piazza con il Forum Palestina, no. 4 sedicenni dalla testa bacata, occhi neri di odio de che non se sa, che per fare i fighetti del pomeriggio e avere qualcosa da raccontare agli amichetti di Ponte Milvio il sabato sera, decidono di improvvisarsi piccole SS e di colpire un ragazzo e una ragazza. Isolati. Poveri scemi, mica vanno a colpire il corteo, mica vanno a rompere le scatole agli organizzatori, mica scelgono i cristoni bardati di kefieh. No. Scelgono due così. Che se non eravamo noi, sarebbe stato qualcun altro dopo di noi.
Fa incazzare, ma fa anche paura.
Attenti, stiamo attenti d’ora in poi, che qui, zecche, froci e tutti quanti, siamo a rischio “punizione” gratuita. Che qui c’è una parte della società che si sente autorizzata, intoccabile, impunita, ad andare in giro a picchiare chi “devia”, mossi da un’ignoranza che spaventa, da un odio montato a tavolino che fa impressione. Sarebbero ridicoli, se non andassero in giro a fare male.
È questo il desolante panorama di questo paese.
Stiamo attenti.
Costanza Pasquali Lasagni

capitolo5

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Parliamo e discutiamo sul significato di quelle parole; concordiamo su un fatto. Nel mondo da cui veniamo ognuno dice il contrario degli altri. Tutto questo non per “cercare la verità” ma per trovare un motivo su cui litigare, su cui opporsi all'altro; perché troppo faticoso e impegnativo è ammettere un errore. Troppo faticoso riscrivere o reintegrare le proprie tesi.
La forza degli umani non è sfruttata. La forza di rimaner condizionati dai pareri “estranei”, la forza di non possedere la verità assoluta. Cercare risposte, dimostrare tesi e aspettare che qualcuno più bravo o fortunato di noi le confuti.
Il problema che rimane è: ma adesso in che mondo siamo? Cosa c'è qui di differente?

mojito football club

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Qua è radio libera che vi parla! buonasera a tutti. La nostra squadra è stata sconfitta. Siamo stati troppo vanitosi. Purtroppo è così.
Ricordiamo i festeggiamenti pre partita; le danze in riva al lago e profumo di menta e di ghiaccio e di liquore.
La sfida è stata essenziale senza regole nè religione.
La mojito football club è stata messa in ginocchio, senza tanti preamboli dalla fredda e determinata squadra dei muli.

La Kolyma, X e Y

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Queste evasioni "terapeutiche" diventarono più frequenti, e diventarono più frequenti i furti, gli assassinii. Ma nè i furti nè gli assassinii irritavano le alte sfere abituate ad avere a che fare con la carta, i numeri, e non con gli esseri umani. E i numeri dicevano che il valore delle cosa rubate, l'abbassarsi della durata della vita causato dagli omicidi non rientrava affatto nel conto, era nettamente inferiore, incomparabilmente inferiore al costo delle ore e dei giorni perduti. Dai racconti della Kolyma di Varlam Salamov.
Frammento di discorso tra X e Y.
X: Così come adesso le alte sfere pensano al debito pubblico, ai punti persi in borsa al PIL e continuano a dire che il sistema capitalistico (meglio detto sistema imperialista) è un sistema sensato. Non vedono e non vogliono vedere chi sta male, chi soffre, chi è sfruttato. Asseriscono che nessuno è sfruttato ma mentono perchè tutti noi siamo ogni giorno vittime di sfruttamento; derubati dei propri soldi, costretti ad accettare il sistema così com'è.
Y: Non è vero. Noi non siamo costretti da nessuno, accettiamo il sistema così com'è perchè siamo indolenti, indifferenti a quello che accade. Siamo abituati a camminare con il paraocchi. Ci piace troppo non ragionare, non ribellarsi. Siamo vittime consapevoli di un sitema che ci succhia il sangue. In un certo senso non siamo vittime, siamo sadomasi. Preferiamo una vita mediocre ma certa (fino a un certo punto) a una vita vera libera, che però ci porterebbe a rischiare a giocarci il tutto per tutto. La nostra idea contro il mondo. Noi impegnati a far capire al mondo che deve cambiare strada.

capitolo 4

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La porta è aperta. Dentro dapprima scorgiamo un gigantesco scaffale pieno di libri, un altro pieno di miele e confetture di ogni genere. Una tavola al centro della stanza con due sedie; due poltrone opposte agli scaffali e una madia nella parete adiacente alla porta. Ci sediamo sulle poltrone; la sensazione è quella di essere a casa, di non esserci mai mossi dalla camera.
Mi alzo. Prendo un libro. Ascolto le pagine toccandole delicatamente. Sono ruvide e ingiallite. Sento “profumo di polvere”. Il testo è minuto, concentrato. Si legge la paura di non entrare nei margini, troppo stretti e immotivati. Anche lei si alza, accarezza il tavolo ed esce dalla stanza. Entra in una piccola camera con un letto, un armadio in legno antico e un comodino. Sul comodino c'è una lampada, sotto di essa un foglietto. Sta scritto: rotto e oltrepassato il velo adesso siete al di là di esso.

articolo copiato pari pari da "il fatto quotidiano"

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Un comiziaccio, un comiziaccio rozzo puro stile Mussolini. Seguendo il modello, Berlusconi ha lanciato le domande a risposta obbligata per avere prima cori di "Noooo!" e poi altrettanti cori di "Siiii!". Dopo, da perfetto piazzista, ha venduto i suoi candidati come si vendono tappeti: guardate, toccate, comprate! La piazza, il suo "popolo" (mai Berlusconi ha parlato di "cittadini") rispondeva come in un film di fantascienza di imperi galattici e sudditi lobotomizzati. Berlusconi è comunque più modesto e si limita a somiglianze più terra terra, Peròn per dirne una. Ma il comiziaccio è stato letteralmente trasformato dal sistema mediatico della Rai. Nel Tg1 è diventato un trionfo che segnerà il millennio. Il Tg2, più cauto, ha fatto capire ai suoi telespettatori che sempre di un comizio elettorale si tratta. Il Tg3, era previsto, ha cercato di affidarsi alla pura e fredda cronaca, mantenendo le distanze. Chi ha voluto, ha potuto gustare la Giornata dell’Amore in diretta su Sky e senza alcun commento. E così ha visto che alle 17,30 il giorno dell’Amore si è trasformato nel giorno dell’odio e della sfrenata autocelebrazione.

Chi, per esperienze passate era nella stessa piazza ai tempi dell’Italia di Berlinguer e di Luciano Lama, può affermare senza ombra di partigianeria che ne raccolgono più il concerto del Primo Maggio e Vasco Rossi e con maggiore partecipazione emotiva. Lasciato da parte il comizio di Berlusconi, il resto è stato imbarazzante. Ignazio La Russa, uno degli organizzatori, si è rivelato il più grande gaffeur del mondo. A un certo punto annunciava: "Sono arrivati due grandi ministri: Sacconi e Brunetta". Peggio aveva fatto con l’assente Gelmini: "Non ha ancora partorito, via, faggiamo un bell’applauso così magari nasce oggi e lo ghiamiamo Giovanni!". Poi, sussurrando a un vicino: "E’ maschio o femmina? Chi lo sa, nessuno lo sa, bene!".

Ma ci voleva altro per scaldare la piazza. I poveri orchestrali, passata una rumba scritta dal duo Apicella-Berlusconi, cercavano di far cantare tutti in coro, tipo serata di liscio anni ‘50: e via con tutti i Battisti, poi con Modugno. Zero. Allora ecco La Russa con l’Inno: zero pure a Mameli, Ignazio è l’ uomo più stonato del mondo occidentale e non conosce le parole. Ripeteva senza sosta: "Siam pronti alla morte, siam pronti alla morte, siam pronti alla morte". L’unica che saltava e cantava era la Polverini, con la faccia di una che pensa: "Ma come ci sono arrivata fino a qui?". Nell’attesa del Capo, la nomenklatura si schierava, al grido di La Russa: "Aggogliamolo con un bell’applauso! Non sento l’ applauso, e dai!". Ecco il nostro grande ministro, ecco la nostra bella ministra, ecco Rotondi, ecco Fitto che lavora in Puglia, ecco Cicchitto, ecco Gasparri. Eccoli, eccoli tutti. Alle cinco de la tarde, la piazza poteva dirsi pienotta (Verdini intanto partiva per la tangente con una bugia colossale: "Lasciate che dicano: abbiamo superato abbondantemente il milione, il milione!"), ma solo nel parterre prossimo al palco candido, l’Altare del Padre della Patria, l’ uomo dell’Amore. Nelle periferie della spianata si poteva passeggiare. Onestà dice che si potevano sfiorare le 150.000 unità. Sky notava "i molti vuoti nella piazza", aspettando le valutazioni della famosa Questura.

Più preoccupante il vertice della libertà. Persone apparentemente normali come il sindaco Moratti sventolavano il bandierone da curva Sud. Sventolava anche la Brambilla, ma è nata con Berlusconi, altrimenti non sarebbe mai venuta alla luce. Ammesso che per Brunetta l’asta della bandiera era troppo lunga, uno solo non sventolava e non avrebbe sventolato nulla: Tremonti. Una cosa non piacerà agli alleati e ai subordinati di Berlusconi: c’era solo lui, nelle bandiere, negli striscioni, nella supertelevendita di candidati, negli occhi della parte femminile della piazza. Un pensiero fulmineo dall’amore ai tempi di Berlusconi all’amore delle donne del ventennio che volevano "fare un figlio con il Duce".

La voglia era reale, ma l’Italia codina dell’epoca riteneva che congiungersi con il Duce fosse un po’ come l’incontro fra lo Spirito Santo e la Vergine Maria. Tutti i mariti e i fidanzati erano potenziali San Giuseppe. Una cosa che, invece, non piacerà all’Unto (nessun Tg l’ha riferita), è che sulla strada dei cortei erano esposti drappi viola: nel doppio segno di opposizione e, in definitiva, di lutto nel vedere questi concittadini assiepati che non hanno capito, non capiscono e chissà quando capiranno.

Da il Fatto Quotidiano del 21 marzo

Briciole

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Dimmi che quelle briciole non sono riferite a me.
Dimmi che è stato solo un caso;
vedersi di nuovo, senza una parola.
La testa si gira dall'altra parte,
automaticamente.
La volontà di non salutarsi,
il sapere di essere visti.

shutter islands

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un detective dell'fbi indaga sull'inverosimile scomparsa di una pericolosa criminale da un manicomio criminale su un'isola. Arriva e sospetta subito che vengano fatti esperimenti sulle persone come gia aveva visto fare in germania nei lager.
Il detective è preda di allucinazioni violente che lo riportano al passato, alla guerra, ai campi di concentramento. I sensi di colpa lo riempono.
A questo punto lo psichiatra riesce, con l'aiuto del falso "aiuto detective aar credere al nostro protagonista di essere stato rinchiuso nell'isola da anni per aver commesso l'omicidio della moglie. Lui in preda a un turbinio di emozioni e sensi di colpa ammette questo. Addirittura dice di vedere l'improbabile scomparsa (rachel) su una grotta e riesce ad entrare nel faro dove è convinto si effettuino esperimenti.Ma è ormai in preda alla pazzia.
A questo punto luitorna cosciente, capisce di essere stato fregato ma finge di essere ancora matto sapendo che non potrà mai più uscire da li. Dice sul finale una frase enigmatica: meglio matto ma vivo o cosciente ma morto? gia perchè se i medici lo avessero scoperto, l'avrebbero fatto fuori.

capitolo 3

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Com'è possibile che, tutti e due nelle proprie case, arriviamo a incontrarci in uno spazio per entrambi familiare come le nostre camere?
Abitanti in due case diverse e lontane qualche chilometro, abitiamo adesso la stessa camera. Due camere diverse si sovrappongono, si mescolano in un unico spazio per entrambi significativo e familiare ma che fino a quel momento non era condiviso.
Rimaniamo a riflettere, perplessi. Interrompo la meditazione. “Forse stiamo sognando”. “Bibo ma com'è possibile?” “che ne so? com'è possibile che entrambi siamo convinti di essere a casa nostra e com'è possibile che il resto della casa sia invisibile?”. “proviamo ad aprire la finestra!!” Fuori dalla finestra c'è una strada tutta alberata; la strada è lastricata di pietre. L'aria è primaverile e gli alberi che costeggiano entrambi i lati del sentiero sono pieni di strani frutti e hanno ampie radici di millenaria storia.
“Bibo, siamo a metà dicembre e l'aria ha un “profumo di aprile”, gli alberi sono pieni di frutti....questo è un altro fatto che non mi spiego”. “possibile che stiamo impazzendo?” “ non lo so ma a questo punto conviene andare a scoprire dove siamo, non sei curioso?” “beh...in effetti!”.
Saltiamo giù dalla finestra, ci voltiamo verso la casa; di essa è rimasto solo la finestra di colore arancione ma anche un po fucsia, verdognolo e salmone.
Partiamo. Ecco che, dopo pochi passi, vediamo passare davanti a noi un ometto alto alto con aria da professore, il naso a punta e le lentiggini sulle due gote. “buongiorno” ci dice il professore “buongiorno a lei” “anche voi due venite dalla finestra multicolore?”. Un po perplessi ci guardiamo e rispondiamo all'unisono “sì!! anche noi veniamo da là!” indicando la nostra cara finestra.
“scusate se non mi trattengo ma ho un affare importante da concludere con degli stranieri, gente fine e di buon gusto che mi ha chiesto di fissare un'immagine su questa tela e adesso sono già in ritardo! Scusate ancora, Ah! Pardon! Il mio nome è Lucrezio!” “arrivederci!”.
Iniziamo a ridere di gusto, il signor Lucrezio era buffo anche solo da vedere e la sua andatura, un trotto degno di un cavallo, tirava fuori dai nostri occhi lacrime di contentezza!
Avanziamo, ecco una casa. Pare disabitata. Decidiamo di entrare.

articolo alla buona sull'ambiente prima di mettermi a studiare fis. tec.

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Siamo un paese di chiaccheroni, di parolai. Se chiedo a qualcuno di voi se è per l'ambiente, contro l'inquinamento e per la salvaguardia degli animali in moltissimi mi risponderete di si.
In realtà solo una minoranza sa cosa è giusto fare per la natura. Un'altra minoranza sa cosa è giusto fare per le proprie industrie e poi in mezzo ci stanno tutti gli altri che seguono chi urla di più.
Chi urla di più? Chi ha più soldi.
Ad essere sinceri non si può dire che i facenti parte del “gruppo dei trascinati” sia contro la natura; in realtà è l'inerzia, la poca forza di volontà che li porta ad andare contro la natura e a favore di un lento suicidio. Se la persona X conosce il danno che l'impresa Y sta commettendo nei confronti dell'ambiente, di operai o sulla società del paese ha il dovere di denunciare il fatto. Ma nessuno lo fa. Questo è il deficit che talune persone hanno.
Come risolvere il problema? Qualunque dipendenza dalla tv, dai giornali o da qualsiasi persona che si proclama come detentore di conoscenza (come me) non va ascoltato. Ognuno deve pensare alla sua zona. Dovremo stare attenti alla salute dei fiumi, alla salvaguardia degli alberi, non gettare qualsiasi tipo di rifiuto in terra e fare raccolta differenziata. Basta andare a ripulire i fiumi e i cigli delle strade popolatissimi di plastiche e carte. Tutto questo è sufficiente farlo nel raggio di 500 metri da casa nostra. Perché farlo? Perché si spera che se una persona inizia altre lo seguano.
Siamo quasi in primavera. Sarebbe bello se da metà aprile a metà giugno ognuno di noi, una volta a settimana prendesse due buste ( una per la carta e una per la plastica) e facesse un giro a raccogliere rifiuti nella campagna vicino casa.
Suggerimento: sui cigli delle strade e lungo i fiumi c'è davvero molta roba da prendere!

Titolo ancora da inserire.....capitolo 2

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Lei la conosco da più di un anno ormai; è un'amica e delle più preziose. Strano come i pochi incontri, le brevi ma profonde chiacchierate siano riuscite a creare molto più di anni e anni di conoscenza. Creare dal nulla un'intesa così forte tale da stupire noi stessi. Entrambi al lavoro. Le opportunità per vedersi sono poche. Incontri occasionali dove però c'è felicità nel sentirsi vicino e nel sentire quella complicità difficile da capire per qualsiasi estraneo. La capacità di entrambi ad usare la ragione, nella sicurezza di arrivare durante le discussioni a un traguardo. Il riuscire a far convergere i pensieri di entrambi in un unico punto condiviso.

BENVENUTI AL CIRCO O CIRCOLO....come più vi piace

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Apro la porta. La gente si conta sulle punta delle dita; ancora è presto.
Scivolo tra il bancone e i tavoli. Volti noti si dispongono uno dopo l'altro nei miei occhi. C'è chi prende da bere e sta seduto sullo sgabello, chi mangia salatini; tre ragazze escono dalla toilette e fissano tutti. Osservano e ridono tra loro.
Tutti sembrano indaffarati, si aspetta un'artista importante stasera. Il barista aggiunge due fette di arancio a un martini bianco.
Il pubblico principia ad arrivare; la musica è ancora in secondo piano, fa solo da cornice.
Apro la porta; nel corridoio più gente che nel locale. Nuvole di fumo si levano in continuazione; dopo un po gli occhi bruciano.
La musica si impone, la fa da padrona. Tutti entrano.
Il complesso ha già fatto il suo ingresso; il chitarrista accorda lo strumento, al basso non arriva il proprio suono. Sono pronti. Il batterista batte il tempo, le chitarre iniziano a vibrare. Il cantante si beve un sorso di vino rosso e prende in mano il microfono.
Il pubblico, in silenzio l'attimo prima, inizia ad applaudire. Si sentono urla di incitamento arrivare da qualche parte, qualcuno si gira per vedere chi è stato. In molti hanno il bicchiere in mano e tengono il tempo con il piede oppure muovono la testa. Alcuni si mettono in prima fila a ballare; un paio di fotografi catturano immagini e i flash si amalgamano con le luci del locale.

titolo ancora da inserire....capitolo 1

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Sono seduto sul divano, un libro aperto a rileggere la solita riga da qualche minuto mentre la televisione emette suoni, urla e strepita come un'ossessa. La televisione è un oggetto pericoloso per la salute; utilizza un modo sottile, lento ma efficace per assorbirti e ipnotizzarti definendo e organizzando ogni tuo pensiero facendoti credere di essere libero. Trovo la tv l'elettrodomestico meno democratico che si possa avere in casa. Essa è controllabile da chi ha il potere e riesce a influenzare la maggior parte delle menti evidenziando precise notizie a discapito di altre che o per volontà del potere o per mancanza di onnipotenza da parte della tv non saranno mai trasmesse e portate alla luce in modo dignitoso. La spengo. Mi alzo dal divano con il libro sottobraccio saluto mia mamma addormentata sul divano e vado in camera. C'è ancora la luce accesa del pc, stacco la spina, mi metto il pigiama e mi infilo sotto le coperte. Prendo il cellulare. Nessuna chiamata. Inserisco la sveglia e lo spengo. Buonanotte mondo.

Improvvisa e silenziosa si apre la porta, qualcuno si avvicina. Io sono li con gli occhi assonnati e attendo. La luce si accende. Davanti a me c'è una persona, una donna. La conosco, so chi è ed è stupita quanto me. All'unisono entrambi diciamo: ma cosa ci fai nel mio letto?? alche ancora più stupiti continuiamo a guardarci e lei mi fa: stai scherzando? E io allora rispondo: no! Tra i due quello che è in casa sua sono io! Iniziamo ad alzare la voce, la prendiamo un po sul ridere ma continuiamo a non capire. Entrambi siamo convinti di essere nel proprio letto, nella propria camera. Che fare? Sua l'idea di alzarsi e andare nelle altre stanze; usciamo dalla camera. Con grande sorpresa ci accorgiamo che non c'è nulla la fuori; solo una grande illuminazione abbagliante. Come se il sole fosse accanto a noi e direttamente, senza ostacoli, senza atmosfera da attraversare, ci colpisse il volto fino a bruciare i nostri occhi ancora increduli. Torniamo in camera.

FINALMENTE UNA LEGGE UGUALE PER TUTTI!!

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Il corpo è espressione totale di se stessi, in cui tutti noi dobbiamo riconoscerci; non è solo il mezzo con cui gli altri ci vedono ma una sorta di ideale congiuntura tra ciò che siamo stati, ciò che siamo e ciò che saremo. Risulta impossibile, a mio avviso, scindere l'esistenza tra anima e corpo.
Conoscere se stessi significa, in primo luogo, accettare noi stessi; non celare i nostri difetti, condividerli e non farne un tabù.
Navigando in rete ho letto più di una volta l'espressione: non sono perfetta ma nessuno sarà mai come me. Questo è quello che sto cercando di dire, quello che ognuno di noi dovrebbe fare proprio.
So per certo che la maggior parte di coloro le quali scrivono questa meravigliosa verità non ne sono affatto convinte eppure è quella la strada che si deve percorrere.
Ps: anche se è scritta solo dalle femmine (per quello che ho avuto modo di leggere) è una “legge” che vale per tutti.